Friday, 25 March 2011

SiciliaInformazioni.com: Massimo Costa, storia della "sutura" Siciliana, prima parte

Autonomia, impariamo a conoscerla 1/ Le radici storiche, i due primitivi Stati di Sicilia
24 marzo 2011

(Massimo Costa) Iniziamo con quest’articolo una serie di interventi divulgativi sui contenuti e sulla storia dell’Autonomia siciliana. Questi saranno relativamente brevi, per quanto si può, e si sforzeranno di dare ai lettori di questo giornale una parte di quella formazione civica e delle informazioni che ogni buon cittadino siciliano dovrebbe avere.

Il punto principale della storia dell’Autonomia siciliana è che essa non è un incidente
dei nostri giorni o anche degli ultimi 65 anni, ma è, per così dire, connaturata alla stessa storia millenaria della nostra isola.

La Sicilia è stata sempre considerata, sino al 1860, un paese a sé stante, una Nazione e – come molte altre nazioni – essa ha sempre avuto una propria formazione politica, uno Stato in pratica, a rappresentarla.

Più esattamente questa individuazione istituzionale univoca della Sicilia come “Paese” a sé stante, e diverso e distinto dalla stessa Italia, risale alla conquista romana, la quale diede per prima alla Sicilia un’amministrazione unitaria nei confini geografici dell’Isola.

Andando ancora più indietro si trovano solo “tentativi” di dare unità all’Isola, come brevemente accenneremo nell’articolo di oggi.

L’amministrazione romana era divisa in due “sub-province”: la Siracusana, direttamente dipendente dall’amministrazione provinciale del Pretore (così si chiamava il governatore nei primi tempi), e la Lilibetana, dipendente da un Questore a quello subalterno. In questa distinzione amministrativa, dalla quale sarebbero poi derivati, per frazionamenti ed accorpamenti vari, i “Valli” saraceni, poi i “Distretti” e infine le attuali “Province”, sopravviveva traccia di un’antica divisione politica.

La Sicilia Siracusana era direttamente erede del “Regno Siceliota”, l’antico Regno di Sicilia conquistato nella II guerra Punica; la Sicilia Lilibetana era invece direttamente erede della “Epicrateia punica” conquistata già nella I guerra punica.

Le due “province” erano dunque in realtà due “stati preunitari” che i Romani non avevano inventato; erano due amministrazioni che avevano trovato e di cui si erano impadroniti trasformandole in proprie colonie.

Quando erano nati dunque questi due primitivi stati di Sicilia?

Ecco, a parte il fatto che la documentazione non ci è pervenuta, e quindi che ci dobbiamo fidare delle testimonianze della storia e dell’archeologia, la “sorpresa” è che questi due stati non sono nati un bel giorno, ma lentamente nei secoli, quasi giorno dopo giorno, per progressivo accorpamento delle più antiche formazioni politiche, date dalle città-stato puniche e greche, nonché delle tribù indigene degli antichissimi abitanti della Sicilia.

I Puni, o Cartaginesi che è lo stesso, fondarono le loro piccole polis nell’VIII secolo quando i commercianti fenici, provenienti dall’attuale Libano ed appartenenti ad una delle tante popolazioni semitiche che abitavano allora il Vicino Oriente, che prima erano sparsi in empori lungo tutta la costa dell’isola furono costretti a concentrarsi nella parte di estremo occidente.

Però, per secoli, queste repubblichette oligarchiche erano appena sotto la protezione della vicina e potente Cartagine senza che questa esercitasse sulle stesse un dominio diretto.

Man mano che Cartagine si fece più presente in Sicilia questo rapporto diventò più diretto e in questa egemonia furono coinvolte anche le città-stato degli Elimi (un popolo indigeno dell’estremo ovest) e le tribù dell’interno le quali, sebbene con ogni probabilità avessero da secoli assorbito lingua e cultura analoga a quella delle tribù sicule dell’oriente, conservavano il nome Mediterraneo arcaico di Sicani, i primi abitanti della nostra Isola.

Fu durante le guerre persiane, ai tempi della battaglia di Imera (480) che molto probabilmente il coordinamento militare di questa “provincia” cominciò ad essere stabile. Ma solamente con il trattato tra Dionisio e Cartagine del 405 si parla espressamente di “provincia punica”, segno che a questo punto una qualche forma di amministrazione centralizzata dell’isola (nella parte cartaginese) doveva essersi creata, ferma restando l’autonomia federativa delle città e tribù che ne facevano parte.

I confini orientali di questa provincia furono mobili, con una tendenza a crescere nel tempo a discapito del Regno Siceliota: nei momenti di minimo i cartaginesi si rinserravano al Lilibeo, nei momenti di massimo (come poco prima della conquista romana) a nord erano arrivati a Messina e a sud a Gela. Spesso Agrigento aveva fatto da città-stato cuscinetto tra le due formazioni politiche: abbandonate le ambizioni politiche del V secolo, sotto i tiranni Emmenidi, la città dei templi poté dedicarsi all’arte e ai traffici lasciando a Punici e Siracusani il compito della politica. Ma anch’essa finì per essere risucchiata nell’Epicrateia Punica.

E veniamo all’oriente.

Qui il primitivo “Regno di Sicilia” ha una formazione lentissima, quasi impercettibile. I greci, infatti, erano organizzati all’inizio in Pòleis, l’un contro l’altra armate, e le città e principati siculi dell’interno copiarono questo tipo di organizzazione politica urbana.

Però già dal 650 a.C. circa, con le prime conquiste nell’interno, comincia a delinearsi una “egemonia” siracusana guidata dalla locale oligarchia.

Egemonia però è un termine che avevano inventato gli Spartani per definire la loro alleanza con le altre città del Peloponneso. Egemonia non è ancora stato.

Il primo passo avanti avviene nel 485: il tiranno di Gela, Gelone, conquista Siracusa ed unisce le due grandi città in un’unica signoria. Da allora in poi l’asse Siracusa-Gela sarebbe stato sempre solidissimo e, seppure ancora solo di fatto e non di diritto, la comunità siceliota assume una propria fisionomia politica non più municipale. Siamo sotto la tirannide dei Dinomenidi (Gelone, Ierone I,…).

La Repubblica moderatamente democratica che segue alla tirannide (la Politeia) continua la propria egemonia sull’isola, anche se questa viene insidiata da una nuova ed effimera formazione statale siciliana (455-450 circa), questa volta indigena: La Lega Sicula di Ducezio.

La Lega Sicula è importante perché i Siciliani per la prima volta nella loro storia superano ogni particolarismo tribale e danno vita ad una creatura politica, per quanto limitata agli originari abitanti dell’Isola, che ha un più ampio respiro.

Dura poco. I Sicelioti prevalgono sui Siculi e questo rinsalda l’egemonia siracusana. Con tutto ciò non si può ancora parlare di un vero e proprio stato siceliota.

Nemmeno la successiva tirannide dei Dionisi, sebbene rinforzi il controllo siracusano su gran parte dell’Isola, non è ancora la costruzione di uno stato. Eppure Dionisio il Vecchio fa certamente un passo avanti in questa direzione. Se il titolo di “Stratega Autocrate” valeva solo all’interno della polis siracusana, egli prende anche quello di “Arconte di Sicilia”, sorta di “Presidente del Commonwealth” delle polis siceliote. I possedimenti italioti sono organizzati a parte, dalla Corte di Locri e in una lega italiota separata. La Sicilia è ormai anche di nome, e non più solo di fatto, una realtà politica, una confederazione, se non proprio ancora uno stato.

La nuova Repubblica che segue istituzionalizza questo stato di fatto che poteva ancora sembrare legato al dispotismo di Dionisio.

Intorno al 340, ai tempi di Timoleonte, la Repubblica Siracusana raccoglie tutta la Sicilia greca in una Symmachìa Siceliota, ormai stabile organizzazione militare di raccordo dell’Isola (nella parte orientale ovviamente).

L’atto di nascita formale dello Stato di Sicilia avviene di lì a poco. Il nuovo tiranno, che seguirà nuovamente alla Repubblica, quel grande Agatocle che sottomise un terzo dell’Italia e portò la guerra contro Cartagine in Africa, cinge nel 304 il diadema con il titolo di Re di Sicilia. La città di Siracusa manteneva le sue assemblee e magistrature elettive, ma ormai il “Regno” era una cosa distinta e separata da quelle.

E questo Regno siceliota ebbe vita travagliata e alterna, con momenti in cui fu restaurata la Repubblica e momenti in cui la fragile unità centrale per qualche anno si dissolse, tornando all’antico municipalismo. Ma nel complesso non si tornò più indietro.

Anche Pirro, questa volta a Palermo, si sarebbe proclamato Re di Sicilia, con i cartaginesi asserragliati al Lilibeo, e, dopo di lui, ancora, Ierone II che per molti anni fu alleato e protetto dei Romani, ormai in un’enclave che andava da Taormina a Noto escluse.

Nel complesso, quindi, i Romani trovarono al loro arrivo una provincia punica e un Regno di Sicilia: in pratica due stati formati lentamente nei secoli e che semplicemente si limitarono a fondere nella Provincia di Sicilia.

Prima toccò all’occidente: l’Epicrateia punica fu trasformata in Provincia nel 240, ponendo proprio a “Marsala” (diciamo così) la base della prima amministrazione romana. Le tre città che teoricamente non ne facevano parte, in quanto “federate” di Roma, erano infatti proprio quelle ai confini della Provincia e/o strappate al Regno Siceliota: Messina, Noto e Siracusa. Lo stesso Regno Siceliota, da quel momento in poi, era un protettorato romano.

Ma dopo toccò pure al più ricco e importante oriente: caduta la monarchia, la Sicilia tentò di allearsi ai Cartaginesi per riacquistare libertà ed indipendenza. Marcello espugnò Siracusa nel 212 e gli ultimi focolai di resistenza furono spenti entro il 210.

Il Regno di Sicilia divenne quindi, senza soluzione di continuità, Provincia di Sicilia, con i Pretori romani seduti nella reggia dei Dinomenidi e dei Dionisi, con le stesse leggi ed usanze e con un vice-governatore in occidente ad amministrare gli ex-domini punici.

E così l’antico limes politico divenne solo frontiera amministrativa, fissandosi al Salso e alle Madonie.

Fonte: SiciliaInformazioni.com

No comments: