Monday, 28 February 2011

La Sicilia: Libia, allarme per Unicredit

Gli investimenti libici in Italia
Allarme Unicredit

Lunedì 28 Febbraio 2011

Dalla moda alle telecomunicazioni, passando per l'auto e il calcio: ecco il panorama degli investimenti libici in Italia. È di queste ore «l'attenzione» espressa da UniCredit - l'istituto milanese controllato complessivamente al 7,5% da due azionisti libici - per gli sviluppi che la risoluzione Onu potrebbe avere verso quel 7,5% del capitale oggi nelle mani della Lybian Investment Authority e della Central Bank of Libya e, analogamente in prospettiva analogamente, verso gli altri investimenti italiani, Finmeccanica e Juventus in primis. Anche se non è ancora chiaro come le sanzioni dell'Onu, una volta adottate formalmente dall'Italia, possano incidere sulle diverse partecipazioni libiche.

Gli interessi del Paese nordafricano per la finanza tricolore risalgono a più di trent'anni fa, quando i libici sbarcarono in Italia per acquistare quote della Fiat. E da allora si è fatta estremamente lunga la serie di società italiane che hanno, o hanno avuto, all'interno del loro azionariato gruppi libici.

Dalla moda alle telecomunicazioni, passando per l'auto e il calcio, il Paese governato da Gheddafi ha più volte guardato alle imprese italiane come terreno fertile in cui investire. È stata proprio l'automobile ad aprire la porta per prima ai capitali libici, quando nel 1976 la banca Lafico entrò in Fiat, per poi ridurre progressivamente la propria quota dal 9,7% iniziale. È proprio la Lafico (Lybian Arab Foreign Investment Company), il braccio finanziario del colonnello Gheddafi, l'investitore ancora maggiormente attivo nella Penisola.

Ecco una lista dei principali investimenti libici in Italia.

BANCHE: gli investitori della Libia erano già presenti con una partecipazione in Banca di Roma, trasformatasi in un 5% di Capitalia e poi confluita in UniCredit. Attualmente la partecipazione dei libici in Piazza Cordusio è aumentata fino all'attuale 7,1% complessivo (2,594% attraverso la Lybian Investment Authority e 4,613% con la Central Bank of Libya).

MODA: Lafico è stata presente con una quota consistente, fino al 15%, anche nella holding Fin-Part (la casa di Frette, Cerruti e Moncler) poi fallita nell'ottobre del 2005. In Fin.Part era confluita anche Olcese, un'azienda attiva nel tessile in cui Lafico si sedette nel Cda per la prima volta nel 1998. Successivamente, la banca libica arrivò a detenere fino al 30% nell'azienda di filati.

AUTO: Lafico entrò per la prima volta in Fiat nel 1976, ne uscì circa dieci anni dopo, per poi rientrarvi con una partecipazione più modesta, nell'ordine del 2%, nel 2002. La plusvalenza in uscita fu circa 3.000 miliardi di vecchie lire.

TLC: Tripoli è presente dal 2008 con la Lybian Post, presieduta da Mohammad Muammar Gheddafi, all'interno di Retelit. La società libica ha rilevato il 14,8% nell'operatore di tlc, che ha vinto l'asta per il Wi-Max nelle regioni del Nord Italia.

SPORT: la banca libica è ancora presente nel capitale della Juventus, con una quota del 7,5%, un'alleanza che ha portato a giocare la Supercoppa italiana del 2002 proprio a Tripoli. Il figlio "calciatore" del colonnello, Al Saadi, (ha militato in Perugia, Sampdoria e Udinese) dopo il crack Cirio ha più volte manifestato l'intenzione di acquistare la Lazio, con la quale ha poi siglato un accordo di collaborazione tecnico sportiva, con cui otteneva disponibilità del centro sportivo di Formello per 10 giorni l'anno per la squadra dell'Al Ittihad.

ENERGIA: Eni è partner storico del Paese ricco di greggio e gas e Lafico è entrata per un certo periodo nel cane a sei zampe con una quota che si aggirava intorno allo 0,15%. Da anni si vocifera di una salita sopra al 2%. Stesso interesse è stato dimostrato più volte senza però essersi concretizzato, almeno ufficialmente, per Enel.

EDILIZIA: c'è quasi tutto il mondo delle costruzioni "made in Italy", a iniziare da Impregilo, in gara per la costruzione dell'autostrada costiera libica prevista dal trattato di amicizia e cooperazione firmato nel 2008 da Italia e Libia. I lavori, che sono stati riservati a imprese italiane, valgono circa tre miliardi di dollari e riguardano l'intero tracciato, i 1.700 chilometri della "superstrada" Rass Ajdir-Imsaad.

Fonte: La Sicilia

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