Wednesday 3 November 2010

IlSole24Ore.com: Scontro stato-Regione, lo stato ha già vinto

Il contenzioso sul federalismo inizia in Sicilia

di Enrico De Mita
24 ottobre 2010

È cominciato il contenzioso costituzionale relativo al federalismo fiscale. È una regione a statuto speciale, la Sicilia, a sollevare una serie di questioni per violazione dell'articolo 36 dello statuto speciale, più precisamente l'impianto di tale articolo, nonché gli articoli 32, 33, 43. Delle quattro questioni sollevate, tre sono state dichiarate inammissibili e la quarta infondata con la sentenza 201/2010.
Ciò farebbe pensare a una forzatura nella formulazione delle questioni di costituzionalità. Il giudizio di inammissibilità non è di poco conto ed è stato formulato dall'Avvocatura di Stato e poi accolto dalla Corte. In proposito va detto che l'articolo 1, comma 2 della legge delega 42/2009 sul federalismo fiscale, non impugnato dalla Sicilia, dispone che ai territori a statuto speciale «si applicano, in conformità agli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22, 27 della medesima legge». Pertanto tutte le censure prospettate dalla regione Sicilia, ad eccezione di quella sull'articolo 27 hanno ad oggetto norme la cui applicazione è espressamente esclusa dalla legge censurata. Può sembrare una tesi che prova troppo, ma dal punto di vista letterale è ineccepibile.

Nonostante tale statuizione, la Sicilia afferma che tutte le disposizioni denunciate appaiono direttamente applicabili anche alla regione siciliana «o comunque incidono sulle potestà regionali, in violazione delle prerogative statutarie ad essa assegnate». Questo rilievo è stato confutato dall'Avvocatura di Stato come segue: quand'anche le norme denunciate dovessero ritenersi applicabili anche alla regione ricorrente, non discenderebbe l'effetto del «notevole squilibrio» delle risorse finanziarie regionali, trattandosi comunque di principi di delega il cui effetto lesivo «potrebbe essere solo delle norme delegate». Si possono dunque prevedere altri ricorsi con un contenzioso politico di non poco conto.

Accogliendo il giudizio di inammissibilità la Corte ha negato che gli articoli 8, 10, 12 e 19, ancorché ad essa non applicabili, «interferiscano sull'impianto dell'articolo 36 dello statuto e sulle risorse sinora attribuite alla Sicilia, incidendo sul complesso sistema di definizione dei rapporti tributari finalizzato all'attribuzione di gettito finanziario al sistema del federalismo fiscale regionale». Tale affermazione della ricorrente è giustamente ritenuta dalla Corte generica, occorrendo invece «una sicura esegesi del dato normativo, privo di plausibile alternativa». Questo giudizio toglie rilievo giuridico alle questioni sollevate, che possono interessare l'aspetto politico ed economico. I temi coinvolti nel ricorso sono il gettito dei cespiti tributari, le sue riduzioni a causa della compartecipazione ai tributi riferibili al territorio, le attribuzioni alle regioni e agli enti locali di un proprio patrimonio contraddetto dalla determinazione da parte dello stato di una apposita lista dei beni da attribuire. In sintesi il sistema di finanziamento prefigurato dalla legge delega determinerebbe una sottrazione di parte del gettito tributario spettante alla Regione in base all'articolo 36 dello statuto e al Dpr 1074/1965. Infatti - argomenta la ricorrente - la Sicilia è titolare «di tutto il gettito dei cespiti tributari secondo il sistema delineato dalle disposizioni richiamate», parte del quale dovrebbe alimentare anche il finanziamento degli enti locali. La ricorrente afferma che la normativa impugnata, per finanziare le spese degli enti locali, prevede il ricorso a risorse non dello stato, ma della regione, che subisce una riduzione del gettito tributario a causa delle compartecipazioni, senza che siano previsti «meccanismi compensativi». Inoltre - si evidenzia ancora nel ricorso - l'onere finanziario di tale compartecipazione ai tributi erariali in favore degli enti locali a carico della regione è indeterminato, con la conseguenza che il meccanismo - già in sé lesivo degli articoli 36 e 37 dello statuto - «pregiudicherebbe la possibilità per la regione di esercitare le proprie funzioni per carenza di risorse finanziarie», così violando anche gli articoli 81 e 119, comma 4, della Costituzione.

L'ultima questione è stata ritenuta infondata dalla Corte perché il «tavolo di confronto» e la conferenza permanente tra lo stato e le regioni a statuto speciale hanno composizione, funzioni e ambiti operativi diversi. L'organo statutario è il titolare di una speciale funzione di partecipazione al procedimento legislativo, mentre il tavolo di confronto ha una funzione politico-amministrativa non vincolante per il legislatore, di carattere consultivo, nell'ambito della conferenza permanente fra stato ed enti locali e le autonomie speciali per quanto attiene ai profili programmatici e finanziari del federalismo fiscale. Il tavolo non è quindi una duplicazione della conferenza paritetica, prevista dall'articolo 43.

Fonte: IlSole24Ore.com

2 comments:

Anonymous said...

Massimo puoi semplificare per noi?

Luca

Anonymous said...

Personalmente posso dire che potranno continuare a rubarci i soldi.... in modo legale....

Solo l'indipendenza ci salva da questi ladri legalizzati!!!