Wednesday 10 November 2010

LAltraSicilia.org: A Roma la Chiesa della Nazione Siciliana

SANTA MARIA ODIGITRIA DEI SICILIANI
Alphonse Doria
Siculiana, 26 ottuviru 2010


In questi giorni sono stato a Roma, con la mia “trinacria” all’occhiello, in bella vista. Da sempre non ho avuto l’inclinazione né per i simboli né per le etichette, ma il mostrare la “trinacria” lo sento come un dovere, perché siamo così in pochi noi sicilianisti che è necessario evidenziarlo. Così un conoscente mi sparò:

-Sei orgoglioso della Sicilia e dei Siciliani! Eh?

-Non è una questione di orgoglio. Amo la Sicilia! Amo il Popolo Siciliano! Come quando un uomo ama una donna, aldilà dell’orgoglio. Posso pure dirti che sono orgoglioso della mia sicilianità e del mio sicilianismo!

Risposi così pacatamente, anche se dentro di me riflettevo che vorrei fare di più per la mia Patria. Ecco cosa provoca il nostro atavico simbolo.

Questa mio sicilianismo attivo fa si che vado cercando ovunque ciò che testimonia l’identità nazionale della Sicilia. Ciò che è storia e cultura del nostro Popolo Siciliano. Perché spesso cercano di inculcarci nella nostra mente, nella nostra eredità culturale, che noi siamo un Popolo senza storia, senza identità.

Quasi ci vogliono convincere che noi Siciliani non siamo mai esistiti. Sono esistiti: Sicani, Siculi, Elimi, Fenici, Greci, Romani, Cartaginesi, Arabi, Spagnoli, Aragonesi, Angioini, Francesi, Svevi, Normanni, Italiani, gente di qualsiasi altra parte del mondo, ma mai indigeni, Siciliani! Qualcuno anzi sostiene che la popolazione indigena, anticamente era composta solo di giganti, rozzi, malvagi e cannibali ciclopi, lestrigoni. Questa leggenda nata un po’ dai ritrovamenti dei teschi degli elefanti nani, un po’ come personificazione dei nostri promontori, come Monte Erice, oppure l’Etna, soprattutto nati dalla fantasia dei nostri colonizzatori di turno.

Per la precisione il termine “sicano” ha origine dal mesopotamico accadico “sukano” che significa appunto stabilire, abitare, nel senso di ‘coloro che erano stabiliti, gli antichi abitanti, “indigeni”, del luogo.

Tu chi sei? Ti senti Siciliano? Lo senti nell’animo? Lo senti nel cuore? Allora c’è già chi incomincia sospettare di te, almeno sospetta … E “il sospetto è l’anticamera della verità” come disse il gesuitico Pintacuda. Ancora piangiamo il frutto della campagna razzista Piemontese, suffragata dalla pseudo scienza di Lombroso, alibi per la loro colonizzazione della nostra Patria Sicilia. Frutto della dura campagna denigratoria a spese del nostro Popolo con mezzi portentosi come cinema, televisione, giornali e altro, tanto da caricarci la croce, a livello internazionale, dell’atroce binomio Sicilia/mafia.

Nonostante ciò, ci siamo! Siamo quei sicilianisti, sparsi in tutto il mondo che non ci rassegniamo, a discapito di tutto e di tutti, orgogliosi di esserlo. Quindi esistiamo. Tanto da farci aiutare dalla locuzione cartesiana cogito ergo sum, e così dire: penso in siciliano, quinti sono un Siciliano, allora esisto!

Risolto il nostro problema esistenziale, scherzandoci su, ma non troppo, abbiamo la necessità di testimoniare concretamente questa nostra esistenza, con fatti e non solo a parole.

A mio avviso una forte testimonianza, prova dei fatti, è la chiesetta a Roma, in Via del Tritone al numero 82, tanto per intenderci, nei pressi della Fontana di Trevi, raggiungibile in metrò direzione Barberini, edificata per la protettrice della Nazione Sicilia: Santa Maria Odigitria dei Siciliani.

Il professore Santi Correnti, forse il più importante storico contemporaneo della storia siciliana, ad appoggiare la sua tesi di storia della Sicilia come storia del Popolo Siciliano nel suo libro, per l’appunto, STORIA DI SICILIA come STORIA DEL POPOLO SICILIANO nell’Introduzione al punto 3, nelle pagine 20 e 21 dell’edizione tascabile in mio possesso della Clio stampato nel 1995 per conto del Gruppo editoriale Brancato, scrive:

“E a quanto sopra riferito aggiungiamo, dal punto di vista della storia di
Sicilia come storia del popolo siciliano, che a Roma, accanto alle chiese nazionali di San Luigi dei frangesi, o di Sant’Agostino dei portoghesi, o della Madonna di Monserrato degli spagnoli, esiste ancora la chiesa “nazionale” dei siciliani, quella di Santa Maria dell’Itria in via del Tritone, fondata nel 1595 della comunità siciliana di Roma, che ancora reca la scritta “Proprietas Siculorum”; e ricordiamo che il concetto di “regno” è ancora così radicato nella coscienza popolare siciliana, che per indicare un forestiero che non intende il dialetto siciliano si dice che è di “fora regno”; crediamo che possiamo serenamente affermare la legittimità scientifica di una storia di Sicilia come storia del popolo siciliano, senza aver tema che essa possa essere qualificata di “pretesa ridicola”, come qualche illustre bacalare della cultura isolana vorrebbe che fosse. Sulla scia di maestri come Biagio Pace, Francesco De Stefano e Giuseppe Pitrè, noi teniamo quinti fermo il nostro principio già affermato nel 1956 con la prima edizione di questo volume e oggi qui ribadito, che la storia di Sicilia può essere concepita e attuata unicamente come storia del popolo siciliano.”


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