QUATTRO FRANCOBOLLI SULL'IMPRESA DEI MILLE
Si tratta solo del primo «assaggio» delle celebrazioni postali per i 150 anni dell'Unità. Numerose altre emissioni sono previste nel 2011, a ricordo di eventi e personaggi
In questo 2010 che si avvia alla fine sono partite piuttosto in sordina le elebrazioni sui francobolli dei 150 anni dell’Unità d’Italia: si sono concretizzate in una "quartina" emessa il 5 maggio per rievocare tutta la spedizione dei Mille, dalla partenza da Quarto fino alla conclusione con "l’incontro di Teano", e in un ritratto di Cavour, il grande "burattinaio dell’unificazione nazionale", su un francobollo posto in circolazione il 6 giugno in coincidenza con la ricorrenza della morte (che avvenne il 6 giugno del 1861).
I primi due francobolli della quartina per l’impresa di Garibaldi raffigurano la partenza dal porticciolo della periferia genovese e l’arrivo a Marsala. Nelle precedenti celebrazioni filateliche la "spedizione dei Mille" era stata ricordata con quadri che riproducevano soltanto l’imbarco nel porticciolo genovese; stavolta, invece, il secondo francobollo mostra - per la prima volta - l’arrivo a Marsala. Il terzo francobollo è dedicato alla battaglia di Calatafimi ed il quarto ricorda l’incontro di Teano con re Vittorio Emanuele II. Il francobollo per Cavour, a sua volta, raffigura il conte "in pompa magna", con l’uniforme di presidente del Consiglio dei ministri di Vittorio Emanuele II (per il Capo del governo italiano la divisa fu mantenuta in uso fino ai tempi di Mussolini che, dopo averla indossata nei primi anni al governo, la abolì) ed il vistoso collare del prestigioso Ordine della Santissima Annunziata, come lo raffigurò il pittore Michele Gordigiani.
Una curiosità: la divisa che figura nel francobollo-ritratto finì in Sicilia. Cavour, infatti, la donò in segno di stima ed amicizia ad uno dei suoi più stretti collaboratori, Filippo Cordova, che era nato ad Aidone, in provincia di Enna, e si era laureato in giurisprudenza all’Università di Catania. Cordova, che fu anche ministro in vari altri governi della seconda metà dell’Ottocento, a sua volta, la donò al Comune di Aidone che ne dispose la conservazione nella propria biblioteca.
Il porto di Marsala
Nel francobollo dello sbarco a Marsala il quadro, di autore ignoto, conservato nel Museo storico di Bergamo - secondo quello che taceva la storiografia del regno italiano dei Savoia - mostra, con Garibaldi approdato sul molo, soltanto il suo piroscafo "Piemonte" attraccato nel porto (quello di Nino Bixio, il "Lombardo", si era arenato vicino all’imboccatura) mentre, nella realtà, l’insenatura portuale di Marsala quella mattina era piuttosto affollata. C’erano difatti le cannoniere inglesi "Argus" e "Intrepid", inviate dal governo di Sua Maestà ritannica per tutelare gli stabilimenti sul molo degli imprenditori inglesi Ingham, Whitaker ed altri, che vi avevano investito ingenti capitali per commercializzare in tutto il mondo il pregiato "vino marsala". E c’erano, soprattutto, anche varie navi della Marina militare borbonica al comando del tenente di vascello Guglielmo Acton, con l’incarico di pattugliare la zona perché alla corte borbonica di Napoli si era avuto sentore delle intenzioni di Garibaldi di invadere la Sicilia: erano la pirocorvetta "Stromboli", il piroscafo armato "Capri", la fregata a vela "Partenope" e il brigantino "Valoroso". Va tenuto conto, tra l’altro, che alla metà dell’Ottocento la Marina militare del Regno delle Due Sicilie era, a giudizio unanime degli studiosi, la più potente di tutta l’Europa.
Il primo scontro con l’esercito borbonico
Il terzo francobollo della quaterna emessa il 5 maggio è dedicato alla battaglia di Calatafimi, raffigurata con la riproduzione di un quadro dipinto da Remigio Legat conservato nel Museo del Risorgimento di Milano.
I "Mille", subito dopo lo sbarco a Marsala che aveva provocato l’aggiunta volontaria di circa 500 "picciotti" siciliani, si erano diretti verso l’interno per sfuggire ad eventuali cannoneggiamenti da parte di navi borboniche sulle zone costiere e al terzo giorno di marcia, domenica 14 maggio, erano giunti a Salemi dove Garibaldi si proclamò I "Dittatore delle Due Sicilie" in nome di re Vittorio Emanuele II ed attribuì alla cittadina il titolo di "capitale d’Italia". (E’ opportuno precisare, ad ogni modo, che il termine "Dittatore" non aveva fino ad allora attinenza con un atteggiamento tirannico, ma indicava soltanto il titolare di un comando assoluto).
Intanto, dopo aver avuto notizia dello sbarco dei garibaldini, il Comando dell’esercito borbonico aveva ordinato immediatamente che quella "miniinvasione" fosse contrastata da un reggimento che, in partenza da Palermo, attraverso Alcamo
giunse sulle colline attorno a Calatafimi attestandosi, lunedì 15 maggio, su una collina in località "Pianto Romano".
Il contingente borbonico era comandato da Francesco Landi, un generale che non era stato mai un "fulmine di guerra", con i suoi 67 anni, e in quei giorni era afflitto perdipiù da una serie di acciacchi fisici per cui dovette compiere il viaggio in carrozza e ci mise quattro giorni per arrivare a Calatafimi. I garibaldini occuparono una piccola altura di fronte alla collina dei borbonici. Le posizioni dei due contingenti erano separate da un vallone.
Lo scontro fu aperto dagli spari di 400 "Cacciatori napoletani", un corpo scelto dell’esercito borbonico, dotato di carabine di precisione; da parte dei garibaldini risposero i 37 "Carabinieri genovesi", così chiamati perché erano giovani che frequentavano il Tiro a segno della città ligure. La sparatoria durò circa 4 ore: al termine di essa c’erano sul terreno una trentina di morti, dei quali 19 garibaldini, e 174 feriti garibaldini e 118 borbonici. Con i loro tiri di precisione, comunque, i "Cacciatori napoletani" avevano guadagnato abbastanza terreno avvicinandosi sempre più pericolosamente alle postazioni dei garibaldini.
In queste condizioni Nino Bixio si avvicinò a Garibaldi e gli chiese se non fosse opportuno ordinare la ritirata. Ma si tramanda che il comandante gli rispose: "Nino, qui si fa l’Italia o si muore!" e ordinò ai suoi uomini l’attacco alla baionetta.
Secondo i manuali di tecnica bellica, in queste condizioni il comandante borbonico avrebbe dovuto attuare la "spallata" decisiva disponendo il contrattacco. E, invece, ordinò ai suoi uomini la ritirata generale, tra lo stupore dei garibaldini. In breve, il contingente borbonico abbandonò quindi in fretta e furia i propri feriti in una chiesa e si ritirò in direzione di Alcamo. Al rientro a Palermo il generale borbonico, a causa di quell’inconcepibile abbandono della battaglia, venne esiliato nell’isola di Ischia: morì dopo pochi mesi.
Ma l’incontro di Teano si svolse a Teano?
Il quarto francobollo del "foglietto" emesso lo scorso 5 maggio è dedicato allo storico "incontro di Teano" tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II, con il quale si concluse, il 26 ottobre del 1860, la spedizione dei Mille. I due personaggi vi campeggiano imponenti, entrambi a cavallo, mentre si stringono la mano.
Sullo svolgimento dell’incontro, avvenuto davanti ai numerosi seguiti di entrambi i personaggi e con il quale in pratica Garibaldi consegnò il Regno delle Due Sicilie a Casa Savoia, non ci sono dubbi. Che ci sono invece sulla esatta località in cui si svolse. Garibaldi, dopo aver oltrepassato il Volturno vicino al paese di Formicola, non lontano da Caserta, aveva raggiunto il bivio di Caianello ed aveva preso alloggio lì vicino nella Taverna della Catena. La mattina del 26 ottobre il re, che proveniva da Ancona assieme al suo esercito sceso dal Piemonte, arrivò davanti alla Taverna dove, in uno spiazzo, c’era il generale ad attenderlo. Quindi, dopo che Garibaldi ebbe salutato significativamente a gran voce come "re d’Italia" Vittorio Emanuele II (che nella realtà storica dì quel momento era il re di Sardegna), i due personaggi si avviarono a cavalli affiancati (con Garibaldi alla sinistra del re) verso il paese di Teano e lo raggiunsero dopo circa sei miglia, dopo di che si separarono e il generale tornò alla Taverna.
L’indomani il corrispondente del giornale londinese "The Times", che aveva dato molto rilievo sin dall’inizio a tutto l’andamento della spedizione garibaldina, scrisse: «Vi posso assicurare che i due si intesero. Garibaldi accompagnò il re a Teano, dove ebbe luogo una scena curiosa. La gente cominciò a gridare ’Evviva Garibaldi’. Questi si fermò e disse: ’Gridate Evviva il re d’Italia, Vittorio Emanuele!’ indicando il re. La folla gridò così e dopo nuovamente ’Evviva Garibaldi’. Al che il re disse: ’Avete ragione, è lui che è re qui».
Gli storici risorgimentali, con una certa qual approssimazione geografica, hanno tramandato l’episodio come "l’incontro di Teano". Sta di fatto, però, che la Taverna della Catena non è nel territorio di Teano, ma si trova nell’abitato di Vairano Scalo (ora stazione ferroviaria della linea Napoli-Roma via Cassino) che è una frazione del Comune di Vairano Patenora. Ovvio quindi che i seimila abitanti di Vairano si siano sentiti da 150 anni e si sentano tuttora defraudati della loro porzione di storia patria.Lo zoccolo duro della protesta è basato soprattutto su una testimonianza documentale di sicuro affidamento, il "Diario storico dell’archivio del Ministero della Difesa" dove è scritto chiaramente, nel rapporto relativo alla giornata del 26 ottobre 1860: «A Taverna della Catena il re Vittorio Emanuele incontra il generale Giuseppe Garibaldi». Ma le leggende risorgimentali sono dure da sfatare.
Previsti per il 2011 altri francobolli
Il "foglietto" per la spedizione dei Mille ed il francobollo per Cavour emessi nel 2010 costituiscono comunque solo il primo assaggio delle celebrazioni postali per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Numerose altre emissioni sono previste per il primo semestre del 2011 (si parla di 15-20 francobolli, per ricordare eventi e personaggi). Il fatto è che la preparazione delle onoranze filateliche è stata ritardata dal caso Scajola e dalle susseguenti dimissioni del ministro dello Sviluppo economico, che ha competenze in materia. Solo il 4 ottobre è stato nominato il successore Paolo Romani, che ha comunque già confermato l’impegno a celebrare in maniera congrua all’inizio del 2011 con i francobolli i 150 anni dell’Unità.
Fonte: La Sicilia
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