I vagoni della metropolitana dedicati ai briganti dell'800
Si chiamano "Brigante" e "Donatello" e sono i due nuovi arrivati in casa Ferrovia Circumetnea, sezione metropolitana. I nomi sono stati scelti in onore del cosiddetto "banditismo sociale" e in particolare di Carmine Crocco, detto appunto Donatello, reazionario italiano filo borbonico, passato alla storia come il "Generale dei Briganti" o "Generalissimo". Un storico bandito dalla fama non proprio edificante, ma che secondo l'azienda "tuttora per molti è considerato un eroe popolare". Il battesimo tenuto dal commissario Gaetano Tafuri (ex assessore al Bilancio della giunta Scapagnini) non è però passato inosservato. Dice Salvatore Lupo, ordinario di Storia contemporanea all'Università di Palermo e autore del saggio "Il grande brigantaggio" inserito nel volume "Guerra e pace": "E' vero, Crocco era il più famoso in quel periodo postunitario. Ma attribuirgli motivazioni politiche mi sembra forzato. Era un tagliagole". Ma Tafuri non è d'accordo: "La storiografia è scritta dai vincitori. Il banditismo è stato un movimento reazionario di fronte all'invasione del regno sabaudo, scialacquone e fortemente indebitato, che aveva bisogno di risanare le proprie casse" (di Rosa Maria Di Natale).
Fonte: Palermo.Repubblica.it
Tuesday, 3 May 2011
Monday, 2 May 2011
Qds.it: Statuto, segretario generale alla Presidenza Regione tradisce la Sicilia
Conflitto sull’Alta Corte. Consulta in buona fede
di Raffaella Pessina
[Intervista del Quotidiano di Sicilia a Giovanni Carapezza Figlia, segretario generale della Presidenza della Regione siciliana]
Cosa pensa del mancato utilizzo dell’Alta Corte in Sicilia?
“Per quanto riguarda l’Alta Corte, ed essendo io avvocato, non posso non considerare che la Corte Costituzionale ha ritenuto non confliggente con quella necessità di ordinamento unitario la sussistenza di due organi che, a livello apicale, potessero stabilire quali norme fossero lesive della legittimità costituzionale e statutaria. In qualsiasi ordinamento è assolutamente impossibile pensare ad una pluralità di soggetti che presiedano a questa competenza”.
Non ci vorrebbe una norma costituzionale per mettere nel dimenticatoio l’Alta Corte?
“L’ordinamento giuridico vive anche di contraddizioni che è ben possibile risolvere. Queste contraddizioni sono apparenti perché si deve sempre fare riferimento a quei principi generali che formano il modo di leggere ed interpretare la singola norma. Cioè qualsiasi norma, anche costituzionale non può essere vista avulsa dal contesto in cui è inserita e quindi nel sistema stesso c’è la possibilità di ritenere che l’Alta Corte non può coesistere”.
La diversa composizione dei due organi comporta un orientamento delle sentenze diverso perché nell’Alta Corte c’è una composizione paritetica e nella Corte Costituzionale non c’è alcuna difesa della Sicilia.
“Non posso ritenere che la composizione della Corte Costituzionale induca ad assumere delle decisioni che siano favorevoli o sfavorevoli ad alcuno. La Corte Costituzionale ha una funzione di tutela della Costituzione nella sua globalità. Quindi tutela quelle attribuzioni che sono riconosciute allo Stato con gli ambiti di competenza che sono dello Stato, delle Regioni, dei Comuni e di qualsiasi soggetto istituzionale”.
Articolo pubblicato il 14 aprile 2011
Il curriculum di Giovanni Carapezza Figlia, segretario generale della Presidenza della Regione siciliana
Fonte: Qds.it
di Raffaella Pessina
[Intervista del Quotidiano di Sicilia a Giovanni Carapezza Figlia, segretario generale della Presidenza della Regione siciliana]
Cosa pensa del mancato utilizzo dell’Alta Corte in Sicilia?
“Per quanto riguarda l’Alta Corte, ed essendo io avvocato, non posso non considerare che la Corte Costituzionale ha ritenuto non confliggente con quella necessità di ordinamento unitario la sussistenza di due organi che, a livello apicale, potessero stabilire quali norme fossero lesive della legittimità costituzionale e statutaria. In qualsiasi ordinamento è assolutamente impossibile pensare ad una pluralità di soggetti che presiedano a questa competenza”.
Non ci vorrebbe una norma costituzionale per mettere nel dimenticatoio l’Alta Corte?
“L’ordinamento giuridico vive anche di contraddizioni che è ben possibile risolvere. Queste contraddizioni sono apparenti perché si deve sempre fare riferimento a quei principi generali che formano il modo di leggere ed interpretare la singola norma. Cioè qualsiasi norma, anche costituzionale non può essere vista avulsa dal contesto in cui è inserita e quindi nel sistema stesso c’è la possibilità di ritenere che l’Alta Corte non può coesistere”.
La diversa composizione dei due organi comporta un orientamento delle sentenze diverso perché nell’Alta Corte c’è una composizione paritetica e nella Corte Costituzionale non c’è alcuna difesa della Sicilia.
“Non posso ritenere che la composizione della Corte Costituzionale induca ad assumere delle decisioni che siano favorevoli o sfavorevoli ad alcuno. La Corte Costituzionale ha una funzione di tutela della Costituzione nella sua globalità. Quindi tutela quelle attribuzioni che sono riconosciute allo Stato con gli ambiti di competenza che sono dello Stato, delle Regioni, dei Comuni e di qualsiasi soggetto istituzionale”.
Articolo pubblicato il 14 aprile 2011
Il curriculum di Giovanni Carapezza Figlia, segretario generale della Presidenza della Regione siciliana
Fonte: Qds.it
BlogSicilia.it: Statuto, l'accolita dei rancorosi a convegno
Un convegno del Lions sull'Autonomia e il Federalismo
Statuto? La Sicilia non può permetterselo
di Antonella Sferrazza
2 maggio 2011 - Quattro miliardi di euro. E’ il saldo negativo tra entrate e uscite per la Sicilia qualora si applicasse lo Statuto Autonomistico nella sua interezza. La stima della Ragioneria generale dello Stato, è stata resa nota dal costituzionalista palermitano, Giovanni Pitruzzella, nel corso di un convegno organizzato dal Lions Club, Distretto 108 YB, andato in scena nei giorni scorsi presso l’Oratorio SS. Costantino ed Elena, a Palermo.
Un’occasione per fare il punto sulle prospettive dell’Autonomia siciliana in vista del federalismo, come ha spiegato Maria Di Francesco, Delegato responsabile del Comitato Distrettuale Lions che ha curato i dettagli dell’incontro e che non a caso, per la prima sessione del convegno, ha scelto un titolo provocatorio: “Statuto della Regione siciliana: archeologia istituzionale o strumento per anticipare il federalismo?
Un titolo che ha ispirato non poco i relatori. A partire da Pitruzzella: “Si dice sempre che lo Stato nega alla Sicilia la possibilità di applicare lo Statuto. Non è del tutto esatto. Lo Stato chiede alla Sicilia di accettare onori ed oneri dallo Statuto. Il che significa non solo le entrate ma anche le spese. E poiché il saldo sarebbe di quattro miliardi in negativo la Sicilia tentenna”.
Il costituzionalista ha poi esortato a non guardare solo ai fatti di casa nostra e ad avere una visione più ampia: “Non possiamo ancora discutere di passato. Bisogna guardare avanti. Misurarsi con l’Europa, con i problemi dell’economia globale e tentare di metterci al passo con il resto del mondo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Sergio Mattarella, ex ministro in quota Pd, ed oggi componente del Consiglio di Giustizia Amministrativa: ” Non penso che l’esperienza dello Statuto sia stata negativa ma ha fatto il suo tempo. Ritengo che biognerebbe abolire la specialità delle regioni che oggi appare insensata soprattutto alla luce del federalismo”.
Ma la platea si è infiammata quando si è toccato il tema della questione meridionale. Una questione che, hanno ricordato numerosi ospiti dell’evento, continua ad essere tagliata fuori dall’agenda della politica nazionale.
I relatori hanno esortato gli ospiti del convegno non cadere nell’errore del ‘rivendicazionismo piagnone’ e a fare tutti un sforzo in più per tentare di non lasciare anadare del tutto alla deriva la Sicilia. Ma resta il fatto che la questione c’è. E mai come in questo periodo viene avvertita l’indifferenza dei governi centrali nei confronti di un gap economico che non accenna a diminuire. Questo è un fatto. E come ci ha insegnato George Bernard Show: i fatti sono testardi, tornano sempre.
A tirare le somme della prima sessione del convegno, cui ha partecipato anche il mensile Il Sud, sono stati Salvatore Giacona, Past Presidente Consiglio direttivo Lions e Rosario Pellegrino, IPG del Distretto Lions 108 YB Sicilia.
[Domanda: che ci faceva il mensile Il Sud lì in mezzo ad avallare l'illegalità?]
Fonte: BlogSicilia.it
Statuto? La Sicilia non può permetterselo
di Antonella Sferrazza
2 maggio 2011 - Quattro miliardi di euro. E’ il saldo negativo tra entrate e uscite per la Sicilia qualora si applicasse lo Statuto Autonomistico nella sua interezza. La stima della Ragioneria generale dello Stato, è stata resa nota dal costituzionalista palermitano, Giovanni Pitruzzella, nel corso di un convegno organizzato dal Lions Club, Distretto 108 YB, andato in scena nei giorni scorsi presso l’Oratorio SS. Costantino ed Elena, a Palermo.
Un’occasione per fare il punto sulle prospettive dell’Autonomia siciliana in vista del federalismo, come ha spiegato Maria Di Francesco, Delegato responsabile del Comitato Distrettuale Lions che ha curato i dettagli dell’incontro e che non a caso, per la prima sessione del convegno, ha scelto un titolo provocatorio: “Statuto della Regione siciliana: archeologia istituzionale o strumento per anticipare il federalismo?
Un titolo che ha ispirato non poco i relatori. A partire da Pitruzzella: “Si dice sempre che lo Stato nega alla Sicilia la possibilità di applicare lo Statuto. Non è del tutto esatto. Lo Stato chiede alla Sicilia di accettare onori ed oneri dallo Statuto. Il che significa non solo le entrate ma anche le spese. E poiché il saldo sarebbe di quattro miliardi in negativo la Sicilia tentenna”.
Il costituzionalista ha poi esortato a non guardare solo ai fatti di casa nostra e ad avere una visione più ampia: “Non possiamo ancora discutere di passato. Bisogna guardare avanti. Misurarsi con l’Europa, con i problemi dell’economia globale e tentare di metterci al passo con il resto del mondo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Sergio Mattarella, ex ministro in quota Pd, ed oggi componente del Consiglio di Giustizia Amministrativa: ” Non penso che l’esperienza dello Statuto sia stata negativa ma ha fatto il suo tempo. Ritengo che biognerebbe abolire la specialità delle regioni che oggi appare insensata soprattutto alla luce del federalismo”.
Ma la platea si è infiammata quando si è toccato il tema della questione meridionale. Una questione che, hanno ricordato numerosi ospiti dell’evento, continua ad essere tagliata fuori dall’agenda della politica nazionale.
I relatori hanno esortato gli ospiti del convegno non cadere nell’errore del ‘rivendicazionismo piagnone’ e a fare tutti un sforzo in più per tentare di non lasciare anadare del tutto alla deriva la Sicilia. Ma resta il fatto che la questione c’è. E mai come in questo periodo viene avvertita l’indifferenza dei governi centrali nei confronti di un gap economico che non accenna a diminuire. Questo è un fatto. E come ci ha insegnato George Bernard Show: i fatti sono testardi, tornano sempre.
A tirare le somme della prima sessione del convegno, cui ha partecipato anche il mensile Il Sud, sono stati Salvatore Giacona, Past Presidente Consiglio direttivo Lions e Rosario Pellegrino, IPG del Distretto Lions 108 YB Sicilia.
[Domanda: che ci faceva il mensile Il Sud lì in mezzo ad avallare l'illegalità?]
Fonte: BlogSicilia.it
Sunday, 3 April 2011
LiveSicilia.it: Attore Hollywoodiano corona carriera con cittadinanza Siciliana
John Turturro diventa cittadino di Aragona
giovedì 31 marzo 2011
Ha costruito la sua fortunata e brillante carriera cinematografica su alcune qualità che ne hanno fatto un attore di culto, apprezzato dai più esigenti critici come dai tanti fan che riempiono i cinema ad ogni sua uscita. Ironia acuta, presenza brillante ed una buona dose di sarcasmo in John Turturro si fondono tanto da farne un simbolo di quell’ambiente neworkese dal quale l’attore proviene, caratterizzato da un intricato miscuglio della tradizione e della cultura italiana, ebrea ed africana. Turturro non ha mai nascosto la sua origine italiana, anzi ne ha sempre tratto motivo d’orgoglio personale e artistico.
Figlio di una cantante jazz di origini siciliane, annovera tra i suoi parenti più vicini una nonna, Rosa Terrasi, nata ad Aragona, in seguito trasferitasi negli Stati Uniti ma rimasta sempre una cittadina italiana. Un legame con la Sicilia che da embrionale si è man mano sviluppato fino a diventare quasi un’esigenza di vita. E’, infatti, notizia di questi giorni (dopo i casi di Robert De Niro e di Francis Ford Coppola) il raggiungimento da parte di John Turturro di un obiettivo che inseguiva da anni e che, adesso, lo rende orgoglioso: la naturalizzazione, ovvero, secondo quanto prevede la legge italiana, l’aver acquisito la cittadinanza italiana tramite la discendenza diretta, e documentata, da cittadini italiani (nel caso di Turturro proprio la nonna aragonese).
Nel corso della sua più che trentennale carriera di stella del cinema americano, Turturro è stato diretto da alcuni tra i più importanti registi del secondo novecento, da Scorsese ad Allen, da Cimino a Redford, fino ad instaurare un prolifico e duraturo rapporto personale e professionale con Spike Lee e con i fratelli Coen, registi che più di altri hanno saputo valorizzare al meglio le sue caratteristiche istrioniche, a volte contenendone bravura ed abilità. Miglior attore a Cannes nel 1992 con Barton Fink dei Coen, interpretazione che nello stesso anno gli è valsa anche un David di Donatello, da allora Turturro inizia ad avvicinarsi al teatro ed alla letteratura italiana. Nel 1997 è stato un intenso Primo Levi ne La tregua di Francesco Rosi, film per il quale decide di perdere diversi chili per rendere più credibile la sua interpretazione.
In seguito, ha curato lo spettacolo Fiabe italiane, ispirato all’omonimo volume di Italo Calvino e alle favole del siciliano Giuseppe Pitrè. E il viaggio alla riscoperta della sua italianità è proseguito con il suggestivo documentario Prove per una tragedia siciliana, dichiarazione d’amore di un figlio lontano per la propria terra madre (che fu dei suoi nonni), narrata dalla profonda voce di Andrea Camilleri e magistralmente fotografata da Marco Pontecorvo. La sua ultima fatica lo ha visto interessarsi ed avvicinarsi alla tradizione ed alla musica popolare napoletana col documentario intitolato indicativamente Passione, ovvero quello stesso sentimento che da alcuni giorni lega ancor di più la Sicilia con uno dei rappresentanti più importanti della settima arte.
(Antonio Fragapane)
Fonte: LiveSicilia.it
giovedì 31 marzo 2011
Ha costruito la sua fortunata e brillante carriera cinematografica su alcune qualità che ne hanno fatto un attore di culto, apprezzato dai più esigenti critici come dai tanti fan che riempiono i cinema ad ogni sua uscita. Ironia acuta, presenza brillante ed una buona dose di sarcasmo in John Turturro si fondono tanto da farne un simbolo di quell’ambiente neworkese dal quale l’attore proviene, caratterizzato da un intricato miscuglio della tradizione e della cultura italiana, ebrea ed africana. Turturro non ha mai nascosto la sua origine italiana, anzi ne ha sempre tratto motivo d’orgoglio personale e artistico.
Figlio di una cantante jazz di origini siciliane, annovera tra i suoi parenti più vicini una nonna, Rosa Terrasi, nata ad Aragona, in seguito trasferitasi negli Stati Uniti ma rimasta sempre una cittadina italiana. Un legame con la Sicilia che da embrionale si è man mano sviluppato fino a diventare quasi un’esigenza di vita. E’, infatti, notizia di questi giorni (dopo i casi di Robert De Niro e di Francis Ford Coppola) il raggiungimento da parte di John Turturro di un obiettivo che inseguiva da anni e che, adesso, lo rende orgoglioso: la naturalizzazione, ovvero, secondo quanto prevede la legge italiana, l’aver acquisito la cittadinanza italiana tramite la discendenza diretta, e documentata, da cittadini italiani (nel caso di Turturro proprio la nonna aragonese).
Nel corso della sua più che trentennale carriera di stella del cinema americano, Turturro è stato diretto da alcuni tra i più importanti registi del secondo novecento, da Scorsese ad Allen, da Cimino a Redford, fino ad instaurare un prolifico e duraturo rapporto personale e professionale con Spike Lee e con i fratelli Coen, registi che più di altri hanno saputo valorizzare al meglio le sue caratteristiche istrioniche, a volte contenendone bravura ed abilità. Miglior attore a Cannes nel 1992 con Barton Fink dei Coen, interpretazione che nello stesso anno gli è valsa anche un David di Donatello, da allora Turturro inizia ad avvicinarsi al teatro ed alla letteratura italiana. Nel 1997 è stato un intenso Primo Levi ne La tregua di Francesco Rosi, film per il quale decide di perdere diversi chili per rendere più credibile la sua interpretazione.
In seguito, ha curato lo spettacolo Fiabe italiane, ispirato all’omonimo volume di Italo Calvino e alle favole del siciliano Giuseppe Pitrè. E il viaggio alla riscoperta della sua italianità è proseguito con il suggestivo documentario Prove per una tragedia siciliana, dichiarazione d’amore di un figlio lontano per la propria terra madre (che fu dei suoi nonni), narrata dalla profonda voce di Andrea Camilleri e magistralmente fotografata da Marco Pontecorvo. La sua ultima fatica lo ha visto interessarsi ed avvicinarsi alla tradizione ed alla musica popolare napoletana col documentario intitolato indicativamente Passione, ovvero quello stesso sentimento che da alcuni giorni lega ancor di più la Sicilia con uno dei rappresentanti più importanti della settima arte.
(Antonio Fragapane)
Fonte: LiveSicilia.it
Financial Times: L'Iran accumula oro [Traduzione: Il Consiglio]
L'Iran ha comprato oro per diminuire l'esposizione verso il dollaro
Jack Farchy in London
20 Marzo 2011
L'Iran ha acquistato grandi quantità di oro sul mercato internazionale, secondo un alto funzionario della Banca d'Inghilterra, un segnale di come la crescente pressione politica ha spinto Teheran a ridurre la propria esposizione al dollaro statunitense.
Andrew Bailey, capo del settore bancario presso la Banca d'Inghilterra, ha detto ad un funzionario americano che la banca centrale aveva osservato “mosse significative da parte dell'Iran per l'acquisto d'oro”, secondo un documento diplomatico statunitense ottenuto da Wikileaks e visto dal Financial Times.
Bailey ha detto che l'acquisto di oro “è stato un tentativo da parte dell'Iran di proteggere le proprie riserve dal rischio di sequestro”.
Osservatori di mercato ritengono che Teheran sia stato uno dei più grandi acquirenti di lingotti negli ultimi dieci anni dopo la Cina, la Russia e l'India, ed è tra i 20 maggiori detentori di riserve in oro.
Essi stimano che possa detenere più di 300 tonnellate di oro, contro 168,4 tonnellate nel 1996, la data degli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale.
Il documento, datato giugno 2006, è la prima conferma ufficiale dell'acquisto di Teheran.
Lo scorso anno le banche centrali divennero compratori netti di lingotti dopo 22 anni di larghe vendite, aiutando a guidare i prezzi dell'oro ai massimi nominali di tutti i tempi. I traffici da parte delle banche centrali sono spesso tenuti segreti.
I banchieri hanno detto che anche altri paesi del Medio Oriente hanno silenziosamente fatto aggiunte alle loro riserve in oro per diversificare dal dollaro per le tensioni politiche e la volatilità nei mercati valutari.
“La totalità delle riserve della banca centrale non è quello che è segnalato per l'FMI,” ha affermato Philip Klapwijk, presidente esecutivo di GFMS, una società di consulenza dei metalli preziosi. “C'è probabilmente un altro 10 per cento per di più”.
Cavi ottenuti da Wikileaks citano il primo ministro giordano, il quale avrebbe detto che alla banca centrale è stato “dato mandato di aumentare le proprie riserve” d'oro, mentre un funzionario della Qatar Investment Authority avrebbe detto che il QIA era interessato a comprare oro e argento.
“Non c'è dubbio che alcuni paesi del Medio Oriente siano molto interessati a comprare oro”, ha detto George Stanley, capo degli affari di governo del World Gold Council, una associazione supportata dal settore minerario.
Negli ultimi due mesi, l'instabilità politica in Medio Oriente ha contribuito a spingere l'oro a un prezzo record di $ 1,444.40 l'oncia.
La Banca d'Inghilterra non ha voluto commentare i cavi di wikileaks, ma non ne ha contestato il contenuto. Le banche centrali dell'Iran e della Giordania e la QIA non hanno risposto alle richieste di commenti.
Fonte: FT.com
Jack Farchy in London
20 Marzo 2011
L'Iran ha acquistato grandi quantità di oro sul mercato internazionale, secondo un alto funzionario della Banca d'Inghilterra, un segnale di come la crescente pressione politica ha spinto Teheran a ridurre la propria esposizione al dollaro statunitense.
Andrew Bailey, capo del settore bancario presso la Banca d'Inghilterra, ha detto ad un funzionario americano che la banca centrale aveva osservato “mosse significative da parte dell'Iran per l'acquisto d'oro”, secondo un documento diplomatico statunitense ottenuto da Wikileaks e visto dal Financial Times.
Bailey ha detto che l'acquisto di oro “è stato un tentativo da parte dell'Iran di proteggere le proprie riserve dal rischio di sequestro”.
Osservatori di mercato ritengono che Teheran sia stato uno dei più grandi acquirenti di lingotti negli ultimi dieci anni dopo la Cina, la Russia e l'India, ed è tra i 20 maggiori detentori di riserve in oro.
Essi stimano che possa detenere più di 300 tonnellate di oro, contro 168,4 tonnellate nel 1996, la data degli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale.
Il documento, datato giugno 2006, è la prima conferma ufficiale dell'acquisto di Teheran.
Lo scorso anno le banche centrali divennero compratori netti di lingotti dopo 22 anni di larghe vendite, aiutando a guidare i prezzi dell'oro ai massimi nominali di tutti i tempi. I traffici da parte delle banche centrali sono spesso tenuti segreti.
I banchieri hanno detto che anche altri paesi del Medio Oriente hanno silenziosamente fatto aggiunte alle loro riserve in oro per diversificare dal dollaro per le tensioni politiche e la volatilità nei mercati valutari.
“La totalità delle riserve della banca centrale non è quello che è segnalato per l'FMI,” ha affermato Philip Klapwijk, presidente esecutivo di GFMS, una società di consulenza dei metalli preziosi. “C'è probabilmente un altro 10 per cento per di più”.
Cavi ottenuti da Wikileaks citano il primo ministro giordano, il quale avrebbe detto che alla banca centrale è stato “dato mandato di aumentare le proprie riserve” d'oro, mentre un funzionario della Qatar Investment Authority avrebbe detto che il QIA era interessato a comprare oro e argento.
“Non c'è dubbio che alcuni paesi del Medio Oriente siano molto interessati a comprare oro”, ha detto George Stanley, capo degli affari di governo del World Gold Council, una associazione supportata dal settore minerario.
Negli ultimi due mesi, l'instabilità politica in Medio Oriente ha contribuito a spingere l'oro a un prezzo record di $ 1,444.40 l'oncia.
La Banca d'Inghilterra non ha voluto commentare i cavi di wikileaks, ma non ne ha contestato il contenuto. Le banche centrali dell'Iran e della Giordania e la QIA non hanno risposto alle richieste di commenti.
Fonte: FT.com
Friday, 1 April 2011
Sky.it: Lampedusani, veri Siciliani
Lampedusa: il vento ferma i trasferimenti
La nave Excelsior, con a bordo 1700 migranti, è approdata alla base navale di Taranto da dove gli immigrati verranno portati alla tendopoli di Manduria. Ma le altre navi non riescono ad attraccare nell'isola siciliana e due hanno abbandonato l'operazione
Le operazioni di trasferimento di migranti da Lampedusa sono ostacolate dal forte vento di ponente, che spira a 20 nodi e impedisce alle navi di attraccare. Le operazioni sono bloccate da mezzogiorno di giovedì sempre a causa del mare grosso, che impedisce l'attracco dei traghetti nei moli di Cala Pisana e del porto commerciale. Si fa così più lontana la possibilità di svuotare l'isola in 60 ore come promesso dal premier.
Nell'isola è arrivata anche la "Suprema" della Grandi Navi Veloci in grado di trasportare oltre 2.000 persone, che si aggiunge alle altre navi in attesa: la "San Marco" della marina militare, la "Watling street" e la "Clodia" che però ha abbondanato l'isola data l'impossibilità di attraccare, così come la nave della compagnia T-link, che ha rinunciato a partecipare ai trasferimenti.
La "Excelsior" e la "Catania" sono invece partite giovedì alla volta di Taranto portando via 2.316 persone. La nave Excelsior, con a bordo 1.716 immigrati, è arrivata nelle acque della base navale di Mar Grande a Taranto della Marina militare e i migranti a bordo sono stati tutti trasferiti in autobus alla tendopoli di Manduria. Nel primo pomeriggio è previsto l'arrivo da Lampedusa della nave Catania con a bordo altri 600 immigrati; anche questi saranno trasferiti a Manduria.
Ma l’arrivo dei migranti è accompagnato dalle proteste. "Siamo intenzionati a convocare un consiglio comunale straordinario davanti alla tendopoli che accoglie i profughi", ha annunciato il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino (Pdl) che ha confermato le sue dimissioni in segno di protesta per i nuovi arrivi di migranti nel campo. Tommasino ha parlato di "disagio e malessere molto forti a Manduria da parte dei cittadini".
A Lampedusa, che giovedì ha visto la protesta degli extracomunitari, tornati in strada per chiedere di partire subito, intanto, restano 3.931 migranti e dall'una della notte di mercoledì non si registrano altri sbarchi né avvistamenti. Secondo le previsioni meteo il vento potrebbe calare in serata e questo consentirebbe la ripresa dei trasferimenti.
Ma la situazione sull'isola continua a essere insostenibile. Secondo Charlotte Philips, della delegazione di Amnesty International a Lampedusa, "la negligenza delle autorità italiane ha trasformato Lampedusa in un centro di crisi umanitaria". Abbiamo ascoltato le voci di persone che hanno fame. "Ovunque, rifiuti, dato che non ci sono raccoglitori dove deporli - racconta sul sito dell'associazione - nonostante questo quadro agghiacciante, ognuno qui rimane calmo e si adatta alla situazione, compresi gli abitanti di Lampedusa che hanno reagito con incredibile solidarietà e generosità".
Anche Medici senza frontiere ha denunciato che le condizioni igienico-sanitarie dei migranti a Lampedusa sono "inaccettabili".
Fonte: Sky.it
La nave Excelsior, con a bordo 1700 migranti, è approdata alla base navale di Taranto da dove gli immigrati verranno portati alla tendopoli di Manduria. Ma le altre navi non riescono ad attraccare nell'isola siciliana e due hanno abbandonato l'operazione
Le operazioni di trasferimento di migranti da Lampedusa sono ostacolate dal forte vento di ponente, che spira a 20 nodi e impedisce alle navi di attraccare. Le operazioni sono bloccate da mezzogiorno di giovedì sempre a causa del mare grosso, che impedisce l'attracco dei traghetti nei moli di Cala Pisana e del porto commerciale. Si fa così più lontana la possibilità di svuotare l'isola in 60 ore come promesso dal premier.
Nell'isola è arrivata anche la "Suprema" della Grandi Navi Veloci in grado di trasportare oltre 2.000 persone, che si aggiunge alle altre navi in attesa: la "San Marco" della marina militare, la "Watling street" e la "Clodia" che però ha abbondanato l'isola data l'impossibilità di attraccare, così come la nave della compagnia T-link, che ha rinunciato a partecipare ai trasferimenti.
La "Excelsior" e la "Catania" sono invece partite giovedì alla volta di Taranto portando via 2.316 persone. La nave Excelsior, con a bordo 1.716 immigrati, è arrivata nelle acque della base navale di Mar Grande a Taranto della Marina militare e i migranti a bordo sono stati tutti trasferiti in autobus alla tendopoli di Manduria. Nel primo pomeriggio è previsto l'arrivo da Lampedusa della nave Catania con a bordo altri 600 immigrati; anche questi saranno trasferiti a Manduria.
Ma l’arrivo dei migranti è accompagnato dalle proteste. "Siamo intenzionati a convocare un consiglio comunale straordinario davanti alla tendopoli che accoglie i profughi", ha annunciato il sindaco di Manduria, Paolo Tommasino (Pdl) che ha confermato le sue dimissioni in segno di protesta per i nuovi arrivi di migranti nel campo. Tommasino ha parlato di "disagio e malessere molto forti a Manduria da parte dei cittadini".
A Lampedusa, che giovedì ha visto la protesta degli extracomunitari, tornati in strada per chiedere di partire subito, intanto, restano 3.931 migranti e dall'una della notte di mercoledì non si registrano altri sbarchi né avvistamenti. Secondo le previsioni meteo il vento potrebbe calare in serata e questo consentirebbe la ripresa dei trasferimenti.
Ma la situazione sull'isola continua a essere insostenibile. Secondo Charlotte Philips, della delegazione di Amnesty International a Lampedusa, "la negligenza delle autorità italiane ha trasformato Lampedusa in un centro di crisi umanitaria". Abbiamo ascoltato le voci di persone che hanno fame. "Ovunque, rifiuti, dato che non ci sono raccoglitori dove deporli - racconta sul sito dell'associazione - nonostante questo quadro agghiacciante, ognuno qui rimane calmo e si adatta alla situazione, compresi gli abitanti di Lampedusa che hanno reagito con incredibile solidarietà e generosità".
Anche Medici senza frontiere ha denunciato che le condizioni igienico-sanitarie dei migranti a Lampedusa sono "inaccettabili".
Fonte: Sky.it
Wednesday, 30 March 2011
SiciliaInformazioni.com: Un pò di contro-pubblicità per Unicredit/Banco di Sicilia
Dal Banco di Sicilia all'Unicredit
La fine di un punto di riferimento per tutti i siciliani
30 marzo 2011
(Pasquale Hamel) C'era una volta il Banco. Potrebbe essere questa l'epigrafe di una storia aziendale che ha segnato il percorso di questo ultimo secolo e mezzo della nostra terra. Perché, checche se ne dica, il Banco di Sicilia ha condizionato nel bene o nel male lo sviluppo culturale ed economico dell'isola accompagnando, e non solo sul piano finanziario, speranze e delusioni del popolo siciliano. Il Banco, infatti, ha costituito un riferimento certo che, seppure mal gestito e spesso (ahime') ricettacolo di malaffare, aveva pero' operativamente la capacita' di relazionarsi, anche positivamente, col territorio e con i bisogni che lo stesso esprimeva. Un istituto di credito che, nonostante le considerevoli dimensioni (si trattava pur sempre di una grande banca nazionale con sedi, nei tempi migliori, anche all'estero), riusciva ad offrire un profilo non freddo o arido, tipico dei rapporti formali, ma, direi, quasi umano, cioè non lontano dagli stili di vita tipici della cultura locale.
kastalia2011
In poche parole un istituto di credito che adottava il criterio del buon padre di famiglia: un modo di operare che consentiva di superare la contrapposizione dialettica fra creditore e debitore per riproporre un modello che potremmo definire paternalistico e collaborativo inteso a sostituire al conflitto la buona mediazione. Dirigenti, funzionari e dipendenti avevano, infatti, in modo più o meno evidente, tutti un volto, una voce, una capacita' di interlocuzione con la clientela che non si fermava alla verifica dei conti economici ma che s'immedesimava nelle vicende personali dei clienti che andava, cioè, oltre, confrontandosi con la situazione complessiva di colui che con cui si entrava in rapporto.
Il cliente era visto come persona e non come numero di pratica. Uno stile che faceva del Banco il riferimento locale, che ne faceva elemento imprescindibile, mi si consenta l'esagerazione, della vita dei siciliani. Da qualche anno, purtroppo, quel riferimento non c'è più. La poca lungimiranza politica di chi ha governato, maggioranza e opposizione compresa, e l'avventurismo di qualche dirigente, uniti al cupio dissolvi praticato da irresponsabili pezzi della società siciliana, ha consentito la sua liquidazione per pochi spiccioli giustificando come necessaria un'operazione che ha avuto tutta l'aria, e non sono il solo a scriverlo, di un regalo fatto a chi avrebbe dovuto salvarlo dal dissesto ma che, in realta', non si trovava in migliori condizioni dello stesso Banco.
Il Banco di Sicilia di oggi, ma quella e' solo una sigla che manterrà ancora per poco tempo, ha poco a che fare con il suo travagliato passato, ha infatti tutt'altra connotazione, tutt'altro stile, uno stile improntato a un professionalismo manageriale anonimo, che riduce tutto ai numeri, che non guarda in faccia nessuno, a cui, ci sembra, delle sorti del territorio non interessi più di tanto. Potrebbe, non me ne vogliano gli interessati, essere definito una dependance senza autonomia, popolata da un personale frustrato, e direttamente guidata da un grande fratello che da lontano, senza comprendere valori e pesi, indica linee aziendali (che a considerare come vanno le cose non sembrano poi essere cosi' brillanti), del gruppo stesso. Un istituto diverso, dunque, che anche per quanto sopra detto, perde perfino competitività rispetto a gruppi locali e che,mi si consenta la provocazione, sarebbe meglio che dismettesse subito quella sigla Banco di Sicilia, perché continuare a tenerla in vita, mi pare, costituisca ed e' in effetti e' tale, una provocatoria beffa per la nostra Sicilia.
Fonte: SiciliaInformazioni.com
La fine di un punto di riferimento per tutti i siciliani
30 marzo 2011
(Pasquale Hamel) C'era una volta il Banco. Potrebbe essere questa l'epigrafe di una storia aziendale che ha segnato il percorso di questo ultimo secolo e mezzo della nostra terra. Perché, checche se ne dica, il Banco di Sicilia ha condizionato nel bene o nel male lo sviluppo culturale ed economico dell'isola accompagnando, e non solo sul piano finanziario, speranze e delusioni del popolo siciliano. Il Banco, infatti, ha costituito un riferimento certo che, seppure mal gestito e spesso (ahime') ricettacolo di malaffare, aveva pero' operativamente la capacita' di relazionarsi, anche positivamente, col territorio e con i bisogni che lo stesso esprimeva. Un istituto di credito che, nonostante le considerevoli dimensioni (si trattava pur sempre di una grande banca nazionale con sedi, nei tempi migliori, anche all'estero), riusciva ad offrire un profilo non freddo o arido, tipico dei rapporti formali, ma, direi, quasi umano, cioè non lontano dagli stili di vita tipici della cultura locale.
kastalia2011
In poche parole un istituto di credito che adottava il criterio del buon padre di famiglia: un modo di operare che consentiva di superare la contrapposizione dialettica fra creditore e debitore per riproporre un modello che potremmo definire paternalistico e collaborativo inteso a sostituire al conflitto la buona mediazione. Dirigenti, funzionari e dipendenti avevano, infatti, in modo più o meno evidente, tutti un volto, una voce, una capacita' di interlocuzione con la clientela che non si fermava alla verifica dei conti economici ma che s'immedesimava nelle vicende personali dei clienti che andava, cioè, oltre, confrontandosi con la situazione complessiva di colui che con cui si entrava in rapporto.
Il cliente era visto come persona e non come numero di pratica. Uno stile che faceva del Banco il riferimento locale, che ne faceva elemento imprescindibile, mi si consenta l'esagerazione, della vita dei siciliani. Da qualche anno, purtroppo, quel riferimento non c'è più. La poca lungimiranza politica di chi ha governato, maggioranza e opposizione compresa, e l'avventurismo di qualche dirigente, uniti al cupio dissolvi praticato da irresponsabili pezzi della società siciliana, ha consentito la sua liquidazione per pochi spiccioli giustificando come necessaria un'operazione che ha avuto tutta l'aria, e non sono il solo a scriverlo, di un regalo fatto a chi avrebbe dovuto salvarlo dal dissesto ma che, in realta', non si trovava in migliori condizioni dello stesso Banco.
Il Banco di Sicilia di oggi, ma quella e' solo una sigla che manterrà ancora per poco tempo, ha poco a che fare con il suo travagliato passato, ha infatti tutt'altra connotazione, tutt'altro stile, uno stile improntato a un professionalismo manageriale anonimo, che riduce tutto ai numeri, che non guarda in faccia nessuno, a cui, ci sembra, delle sorti del territorio non interessi più di tanto. Potrebbe, non me ne vogliano gli interessati, essere definito una dependance senza autonomia, popolata da un personale frustrato, e direttamente guidata da un grande fratello che da lontano, senza comprendere valori e pesi, indica linee aziendali (che a considerare come vanno le cose non sembrano poi essere cosi' brillanti), del gruppo stesso. Un istituto diverso, dunque, che anche per quanto sopra detto, perde perfino competitività rispetto a gruppi locali e che,mi si consenta la provocazione, sarebbe meglio che dismettesse subito quella sigla Banco di Sicilia, perché continuare a tenerla in vita, mi pare, costituisca ed e' in effetti e' tale, una provocatoria beffa per la nostra Sicilia.
Fonte: SiciliaInformazioni.com
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